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I misteri del processo Monti e Tognetti by Gaetano Sanvittore
Il prete di vettura.
V'ha in Roma una classe di preti diseredati, che non hanno alcuna parte nell'orgia dei lauti piatti e delle grasse prebende. Questi sciagurati vengono chiamati comunemente preti di vettura.
Per essi il maggior provento di lucro è quello che traggono dai mortori; e perciò a somiglianza dei corvi costoro fiutano l'odore dei morti, e calano a stormo sul fresco cadavere di un estinto.
La loro opera, tanto per l'associazione, come per la messa, viene appigionata da un sensale, che contratta a cottimo col sagrestano della parocchia, gli fornisce un dato numero di preti, e distribuisce a ciascuno di essi la dovuta mercede. La parte migliore del mortorio rimane naturalmente al sensale e al sagrestano; quelli che ne ricavano minor profitto sono i preti di vettura.
Questi preti traggono dunque una magra esistenza, accanto alle lautezze dei prelati e dei cardinali. Potrebbero paragonarsi al mendico che raccatta le briciole sotto la mensa dell'Epulone.
Un prete di vettura, fra i cinquanta e i sessant'anni, piccolo, magro, con un viso da buon uomo, su cui stavano dipinte le afflizioni di una vita stentata, il quale rispondeva appunto al nome di don Omobono, sgambettava per le vie di Roma, nella mattina del giorno 22 ottobre 1867.
Il suo cappello colle ale disfatte, il suo abito stretto e monco, le calze di un nero rossastro, e le scarpe scalcagnate attestavano lo stato poco florido delle sue finanze; mentre i lineamenti del suo volto smunto portavano l'impronta della timidezza e della rassegnazione.
Don Omobono entrò in una modesta casa della Longara, e salita una scala, bussò a una porta di povera apparenza.
-Avanti! disse dall'interno una voce di donna.
Il prete tirò la funicella che alzava il saliscendi, ed entrò, dicendo:
-Lodato sia Gesù Cristo!
-Sempre sia lodato! rispose una donna di età avanzata, dalle sembianze oneste, dall'aspetto pulito, la quale stava seduta presso una tavola facendo la calza.
Era una stanza meschina, ma posta in buon assetto.
-Signora Maria, soggiunse il sacerdote, sono venuto a incomodarvi...
-Anzi!... disse la donna. Don Omobono, accomodatevi.
-Sono venuto per quella messa che siete solita a far dire tutte le settimane per le anime del purgatorio.
-Bravo! appunto vi aspettava.
-Solamente... sarei a pregarvi questa volta di aumentare la elemosina... Non mi è proprio possibile dirla per venti soldi, bisogna che me ne diate almeno ventidue. Se sapeste in che panni mi trovo!...
-Cosa volete che dica?... anch'io sono poveretta... ma ve li darò...
Capisco che anche voi dovete campare.
-Si campa malamente, signora Maria! E poi con questa paura in corpo!...
E don Omobono accompagnò con un profondo sospirone quella espressiva reticenza.
La signora Maria sospese il suo lavoro, e guardando in faccia il prete, chiese con ansietà:
-Che c'è di nuovo quest'oggi?
-C'è di nuovo che questi spiritati garibaldini si vanno avvicinando alle porte di Roma: questa mattina stando a Porta del Popolo si sentivano le cannonate dalla parte di Ponte Molle. Se fanno tanto di passare il ponte, siamo belli e fritti; santa Vergine, che mai sarà di noi?
-Non vi spaventate poi tanto, don Omobono! E che credete? che i garibaldini entrando in Roma vorranno farvi del male? Scacciatevi dalla mente queste idee; essi non vogliono infin dei conti far altro che abbattere il governo del Santo Padre. Ma che vogliano commettere delle stragi e degli assassinii, questo non è possibile.
-Per me, signora Maria, non mi ci fido punto. In questo momento piuttosto che essere in Roma, vorrei trovarmi... che so io? al Perù, a Messico, e quasi quasi all'inferno, che Dio me lo perdoni. Solo il pensiero di vedere i garibaldini mi fa venire la pelle d'oca.
-Ma Garibaldi, sapete pure che non si trova cogl'insorti: egli è sempre a Caprera, dov'è guardato a vista.
-Ma con questi demoni ci sta però suo figlio, che sarà m'immagino un diavolo incarnato come suo padre. Domine! Domine! Libera nos Domine!
E così dicendo, don Omobono tutto tremante fece un segnale scongiuratore dell'esorcismo.
-Io torno a dirvi che vi calmiate, riprese Maria. Che cosa avete a temere voi che siete un povero prete infelice, che vivete si può dire di carità, e non avete mai fatto male ad alcuno?
-Oh questo poi è vero! non ho mai fatto male nemmeno a una mosca.
-Sono i cardinali, i prelati che devono temere, poichè per essi si avvicina il termine del potere e delle delizie mondane.
-Signora Maria! esclamò il pretoccolo, spalancando tanto d'occhi, anche voi! Che cosa mi fate sentire!
-Oh sì! lasciatemelo dire, proseguì la donna con maggior calore. Se tutti i sacerdoti fossero come voi, poveretto, che vivete a stento, e siete incapace di far del male, le cose della nostra santa religione andrebbero meglio. Sono i vizi dei cardinali, e della corte papale che hanno prodotti tanti scandali e tante eresie.
-Che cosa mi tocca sentire!
-Se volete dire la verità, don Omobono, pensate così anche voi.
In quella si aperse la porta ed entrò nella stanza un giovane sui ventidue anni: aveva una corporatura svelta, il volto melanconico, gli occhi vivaci; portava le vesti semplici dell'operaio romano. Quel giovane era il figlio di Maria, era Gaetano Tognetti.
-Mamma! mamma! esclamò egli, entrando in fretta, ed altro avrebbe aggiunto, ma quando vide il prete si oscurò nel volto, e tacque.
-Gaetano! soggiunse la madre. Che cosa volevi dirmi?
-Niente, niente; non serve, rispose Tognetti, che si era posto di cattivo umore, e andava guardando in cagnesco don Omobono.
Questi se ne accorse, e si levò in piedi.
-La non s'incomodi, sor prete, disse il giovane. Rimanga seduto.
-Oh no, signore! anzi me ne vado via. Signora Maria, vi riverisco.
Signor Gaetano!
-Le son servo.
La buona donna, levatasi in piedi, accompagnò il prete fino alla porta, e quivi prendendo la sua mano per baciarla, vi pose un cartocetto di soldi, che si era tolto dalla saccoccia.
-Don Omobono, mi raccomando alle vostre orazioni.
-Vi servirò indegnamente, rispose il prete, e se ne andò.
-Pare impossibile, mamma, che debba sempre trovarti con dei preti! disse Gaetano, quando fu solo con Maria.
-Quegli, vedi, rispose essa, è un buonissimo uomo, e son certa che le sue preghiere valgono qualche cosa presso il Signore. Ebbene, Gaetano, che cosa volevi dirmi? Sei entrato tutto ansioso!
-Voleva dirti, mamma, che ho avuto proprio adesso una bella notizia.
Garibaldi è riuscito a partire da Caprera, e in questo momento si
trova alla testa dei volontari. Anche uno sforzo ad essi saranno in
Roma. Però...
Il giovine s'interruppe.
-Però che cosa? chiese ansiosamente la madre. Perchè ti sei fermato?
-Non ti spaventare sai, non ti angustiare per quello che ti dirò; è bene che io ti prevenga, ma vedrai che tutto andrà bene.
-Oh Dio! spiegati dunque.
-Capisci bene che in questo momento decisivo la città di Roma non può restarsene inoperosa; sarebbe un'infamia eterna per noi altri romani, se non avessimo partecipato al movimento. è vero che c'è una grande quantità di romani là fuori fra i volontari, ma pure anche quei di dentro bisogna che facciano qualche cosa.
-Dunque si farà una rivoluzione! esclamò la madre di più in più atterrita. E tu vi prenderai parte! E rimarrai ferito... morto, fors'anche!... Ah no, Gaetano, per amor di Dio!...
-Ecco qua come sono le donne! L'ho detto io che ti saresti subito spaventata. Ho voluto prevenirti, appunto perchè non ti agitassi troppo. Non v'è niente d'aver paura; sai, non si tratta che di una semplice dimostrazione, si faranno quattro schiopettate, e...
-Ah!
La madre mandò un grido, che le partì dal cuore, all'idea del pericolo che avrebbe corso il suo Gaetano in una mischia.
-No, no, soggiunse egli, che avvedutosi dell'effetto che avevano prodotto le sue parole, voleva attenuarne l'importanza. No, voleva dire che si spareranno delle bombe... cioè no! insomma sarà l'affare di un momento. E vuoi che io, proprio io, sia colpito? Eh! non c'è paura!
Maria si asciugò tacitamente gli occhi pregni di lagrime, poi disse:
-Povere donne! ecco qua il nostro destino: facciamo dei figli, diamo loro il nostro latte, li alleviamo con istenti e fatiche, perchè poi si espongano a questi rischi, per vederli un giorno feriti... insanguinati... Oh no! Gaetano, no, insomma: tu non devi esporti a quel modo. Lascia che gli altri vadano, ma tu...
-Se tutti dicessero così non si farebbe nulla... bisogna bene che
qualcuno si esponga. Via, mamma, calmati. Tu pregherai la Beata
Vergine, e vedrai che non mi succederà niente di male. è venuto
Curzio?
-Non s'è visto ancora.
-Eppure non v'è un'ora da perdere! Esclamò Tognetti. Bisogna che intanto io vada...
-Dove? gridò Maria con ispavento.
-Qua vicino... a vedere un amico.
-Ah no! tu non vuoi ritornare.
-Ti giuro che devo veder Curzio qui a mezzogiorno; e mancano pochi minuti. Sta sicura che vado e ritorno sul momento.
Tognetti aveva appena finito di pronunziare queste parole, e strette le mani della madre fra le sue affettuosamente, stava per avviarsi, quando s'intese a bussare alla porta. Maria andò ad aprire.
Una signora dall'apparenza aristocratica, tutta vestita di nero, e col capo coperto di un velo, che scendeva a celarle la faccia, apparve sulla soglia.
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